Claudio Stellato

estratto da una intervista di A.R. a Claudio Stellato, rilasciata dopo lo spettacolo “La Cosa” al Festival UP, Bruxelles, marzo 2016 

www.la-cosa.eu

Quale pubblico immagini e desideri possa assistere ai tuoi spettacoli, e in quale modo preferisci relazionarti con loro fuori dalla scena?

Definisco quello che faccio spettacolo popolare, artisticamente interessante, che possa stuzzicare l’intelletto umano e non farlo addormentare. Il mio pubblico deve andare dalla famiglia fino all’artista…mi interessa  piacere ad entrambi. Mi rivolgo all’artista che davvero cerca cose nuove per ispirarsi, ma voglio anche che mia madre, così come un muratore che non è mai andato a teatro, possano emozionarsi nel vedere quello che porto in scena.
Quando saluto dopo uno spettacolo io non esco, resto in sala, ed e’ proprio in quel momento che il pubblico vede che sei uno normale, stai lì e la gente si avvicina. Per me e’ una cosa importante. Ricevo dal pubblico tante osservazioni importanti sullo spettacolo, e spesso ne faccio un gran tesoro. Desidero sentire il pubblico molto vicino. Ho lavorato come interprete per tante compagnie di danza contemporanee, sai quante  date con quindici persone del pubblico in teatri da 600 posti! I teatri si stanno svuotando, se non c’e’ un lavoro di avvicinamento alla gente allora è meglio andare in strada. Anche a noi quest’anno è capitato di trovarci con 60 persone in un teatro da 600 posti. Alla fine ho fatto mettere le sedie vicino a noi  per creare almeno un’esperienza intima
Audiece Engagment è la nuova frontiera della condivisione e del coinvolgimento del pubblico nei processi artistici. Come solleciti nei tuoi spettacoli una partecipazione attiva del pubblico?

Alla fine di ogni spettacolo lasciamo agli spettatori fogli bianchi e colori chiedendogli di disegnare qualcosa ascoltando le emozioni o le suggestioni che lo spettacolo ha destato in loro.  Con “La Cosa” a marzo 2015, a Reims, in Francia, abbiamo chiesto al pubblico, durante una presentazione, di partecipare ad un’esperienza che sarebbe durata 2 ore. Entrare in un luogo e vivere cosa fanno gli artisti prima che il pubblico entri. Così il pubblico ha fatto la nostra preparazione. Erano circa 60 persone, nel centro del palco c’era una enorme catasta di legno. Noi eravamo tutti vestiti sportivi in tenuta da jogging, e ho chiesto a due del pubblico di stirare i vestiti che avremmo dovuto indossare. Ad altri di cominciare a smezzare il legno, con pezzi che stiano in piedi da soli e altri che avevano altre caratteristiche. Altri che andavano su a mettere musica per creare l’atmosfera. E’ stata una grande operazione. Ho chiesto di mettermi sotto la catasta di legno, di costruire il grande arco, e quando eravamo tutti pronti dentro al legno li ho pregati di accomodarsi in sala. A quel punto gli spettatori avevano tutti toccato il legno, avevano capito il peso del materiale. C’e’ stata una sensibilizzazione molto grande, e alla fine ci hanno aiutato a smontare e rimettere il materiale nei carrelli.

Non sempre una relazione forte con il pubblico si programma. Puoi raccontarci una tua esperienza con il pubblico innescatasi senza alcuna pianificazione?

Un’altra esperienza molto particolare l’ho vissuta durante una rappresentazione di L’Autre. Si spengono le luci in sala per dare inizio allo spettacolo, io e il mio collega eravamo pronti in scena nel buio più buio per cominciare. All’improvviso uno spettatore sulle gradinate ha una crisi epilettica. Io capisco subito di cosa si tratta, avevo già lavorato con un epilettico, e corro verso le gradinate chiedendo al mio collega di fare luce in sala. Io ero a fianco dello spettatore che vibrava, arriva il mio collega, lo calmiamo. Il pubblico era smarrito, qualcuno credeva fosse parte dello spettacolo, altri avevano paura. Poi hanno capito tutto, mentre noi accompagnavamo fuori lo spettatore che aveva avuto la crisi. Il pubblico era rimasto in sala. Io rientro e chiedo a tutti “Cosa facciamo? Iniziamo?” rispondono di sì. Li prego allora di lasciare la sala, di farci preparare e poi di rientrare. A quel punto avevano tutti capito che eravamo in due in scena e lo spettacolo, e dopo quello che era accaduto lo spettacolo ha preso il sapore di una session tra amici. E’ stata  un’esperienza davvero impressionante per tutti.
 

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