Marco Paoletti

La mia relazione personale col pubblico è cominciata in posti dove mi lasciavano fare quello che volevo. Le convention di giocoleria sono un mondo libero e autodidatta, con una relazione molto diretta con il pubblico, dove gli artisti sono anche i propri costumisti, scenografi, registi e in questo mondo impari tantissimo.
Nella relazione tra pubblico e attore c’è un processo terapeutico in corso. Quando ho cominciato a fare spettacoli ero io che mi nutrivo dell’energia del pubblico; avevo delle domande e le risposte mi arrivavano attraverso il pubblico. Ho capito col tempo che vado in scena per rispondere a delle domande. Oggi per esempio la domanda è cosa è il tempo, per questo porto in scena il metronomo. Per me la velocità della scena, moltiplicata per gli occhi degli spettatori, per il tempo che scorre creano sicuramente un’equazione che regolano la catarsi dello spettacolo. Avere un certo numero di persone che ti seguono in scena e che puoi considerare pubblico regala alla performance una sua cadenza, ma quando si entra in luoghi come lo stadio di SOCII, in occasione delle Olimpiadi invernali, nella dimensione della folla, lì percepisci questa figura quasi mostruosa che è un pubblico di 40.000 persone, dove un secondo prende l’intensità di 10 anni.
Adesso sto lavorando con la Cie Finzi Pasca, dove hanno una filosofia molto speciale che si chiama “teatro della carezza”, con l’idea di fare al pubblico dei massaggi emozionali. Andiamo a cercare il pubblico in un modo particolare, in modo che il pubblico possa avvicinarsi a noi e ritornare. Facciamo lo spettacolo per una sola persona, per questo ci chiedono di cercare una sola persona tra il pubblico e immaginare di fare lo spettacolo solo per lui. Ma non è una persona fisica. Nel monologo uno degli attori dice: se tu non sei qua ogni sera io ti invento. Tu sai che io faccio questo così tu se orgoglioso di me. Cosa è la verità o cosa non è verità, la verità sfugge, il pomodoro al posto del sangue, il toro, gli apparecchi che volano, le cose accadano, la verità è relativa e se te non sei qui io ti invento ogni notte.

Applausi, risate, segnali molto evidenti della partecipazione del pubblico, ci sono tanti occhi, siamo tutti insieme. Quando ti guardano e stai facendo qualcosa in scena e dopo 200 rappresentazioni de la Verità non sono ancora sicuro di dove si costruisce questo momento di grande condivisione. Quando hai delle scene movimentate è la musica e l’azione che ti tengono, ma quando hai dei momenti più intimi, lì allora il pubblico o piange o dorme! Finiamo tutti abbastanza stanchi, con una concentrazione molto alta. Per noi non è prioritaria l’acrobatica, ma il lavoro di gruppo, la concentrazione, essere un gruppo unito sul palco, questa è anche la magia di questa compagnia. L’ultima domanda dell’attore è “come vuoi che si senta la persona che ha appena visto il tuo spettacolo e se ne sta andando a casa?” e da questa risposta parte tutto, il tuo costume, la tua performance, etc. Questa è la cosa più importante per il nostro lavoro.

Nel circo abbiamo questa possibilità, di fare qualcosa di sensazionale, di impressionante e poi aprire ad una carezza, stupire, catturare l’attenzione e poi poterlo portare in un sogno, come in un fiume, con un ritmo di percorso che dura due ore. Ci sono più di 234 movimenti di telone e luci nello spettacolo La Verità, le luci sono incredibili, ma tutte queste cose servono a trasportarci in un mondo onirico, in una dimensione fantastica.
Nella Cie Finzi Pasca c’è una relazione col pubblico ma mi manca un incontro, una comunione finale col pubblico, scendere in platea a fine spettacolo e rispondere alle sue domande, al suo abbraccio. Il pubblico è lo specchio dello spettacolo, e la scena è come un fuoco che brucia, come attore non devi fare molto in scena, perché sei già in un luogo dove sei messo in evidenza, così devi scendere un gradino per andare incontro al pubblico, e questo diventa un passo importante.
Una cosa è il pubblico di strada, o quello di circo o di teatro, tutti vogliono sensazioni diverse, a volte è disunito, altre volte, come a Budapes,t vanno in sincrono ad ogni applauso. L’entertainment è una possibilità per generare una domanda nell’artista e nel pubblico, ma non è l’unica possibilità. Oggi, dopo 4 anni di attività con scuole e bambini scopro che quello è il mio pubblico preferito al momento, perché sono molto semplici e diretti.

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